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L’argomento che sarà trattato costituisce la sintesi di una mia lezione, tenuta nella Scuola di specializzazione in medicina legale e delle assicurazioni dell’Università Federico II di Napoli e si propone solo di illustrare gli aspetti essenziali della complessa problematica, rinviando ai trattati di medicina legale e di ostetricia e ginecologia per ulteriori approfondimenti.
CODICE PENALE. TITOLO XII CAPO PRIMO
Art 578 Infanticidio in condizioni di abbandono morale e materiale.
L’articolo, nella sua attuale formulazione, sancita dalla L. 442/81 (Abrogazione della rilevanza penale della causa d’onore) recita come segue.
“La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quatto a dodici anni.
A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi.
Non si applicano le aggravanti stabilite dall’art. 61 del codice penale.”
La norma vigente ha profondamente modificato quella preesistente, che collegava il reato di infanticidio al fine di salvare l’onore “proprio o di un prossimo congiunto” e che trovava per lo più la sua motivazione nella gravidanza illegittima; nel disonore che ad essa si accompagnava e che nel passato coinvolgeva la donna e la sua famiglia; nel timore di rappresaglie dirette a lavare l’onta del peccato commesso.
L’art. 578 collega oggi questo reato ad una condizione oggettiva verificabile e da verificare in primo luogo: la condizione di abbandono morale e materiale della donna all’atto dell’espletamento del parto.
Condizione di solitudine e di disperazione nella gran parte dei casi alimentata dalla delusione per il disinteresse del partner-
Condizioni di solitudine e di abbandono che per la disperazione che induce può spingere la donna a sopprimere la sua creatura.
Nel reato di infanticidio, oltre a quella della “condizione di abbandono materiale e morale” della donna, altra condizione da dimostrare è se la madre ha cagionato “la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto o del feto durante il parto”. È questo un aspetto tecnico che impone accertamenti di esclusiva competenza medico legale.
Ed in casi di ipotesi di infanticidio i compiti del Consulente medico-
L’art 578, come s’è detto, parifica l’uccisione del feto durante il parto a quello del neonato immediatamente dopo il parto.
Nell’ipotesi del feticidio la dottrina medico-
La presenza della vitalità cronologica del feto per la sussistenza del reato di infanticidio è affermata dai Medici legali più illustri: Palmieri, Perrando, Leoncini, Dalla Volta, Macaggi, Franchini, Gerin, De Vincentiis, per menzionarne solo Alcuni.
D’altro canto anche se l’art. 578 non fa riferimento esplicito alla vitalità del feto, il fatto che venga parificata dalla norma la soppressione del feto durante il parto a quella del neonato subito dopo il parto impone logicamente di affermare la presenza anche nel primo caso di una capacità di vita extrauterina, senza della quale l’interruzione della gravidanza proporrebbe oltre tutto, in chiave di lettura strettamente medico-
Ciò premesso, in caso di sospetto infanticidio, tenuto conto delle condizioni imposte dalla norma e già ricordate, i problemi medico legali da affrontare sono i seguenti:
1) – accertare il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e l’avvenuto raggiungimento della soglia della “vitalità cronologica”;
2) – stabilire se la morte sia avvenuta durante il parto o subito dopo la nascita ed in questo caso a che distanza dal parto;
3) – accertare la causa mortis del prodotto del concepimento, escludendo con certezza ipotesi riconducibili a cause naturali od accidentali (le seconde ben possibili nell’eventualità di un parto e di un post-
4) – accertare sulla donna i segni del parto e la presumibile epoca di espletamento dello stesso.
Si rinvia alla trattatistica medico-
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A questo punto vanno ancora approfonditi alcuni aspetti essenziali, indispensabili per l’interpretazione dell’art. 578 in chiave medico-
L’accertamento del grado di sviluppo del prodotto del concepimento rappresenta il primo problema da affrontare; esso è diretto a stabilire se si tratta di un feto a termine o non e, nel secondo caso, se il grado di sviluppo è rapportabile ad epoca successiva a quella degli inizi del settimo mese di vita intrauterina.
Il feto capace di vita autonoma extrauterina presenta le seguenti caratteristiche essenziali: lunghezza vertice/calcagno circa cm. 35; presenza del nucleo di ossificazione dell’astragalo (che compare appunto alla fine del sesto mese); sufficiente sviluppo degli organi essenziali in grado di assicurare le funzioni vitali; assenza di patologie e/o malformazioni che compromettano le funzioni vitali, in misura tale da escludere totalmente la possibilità di vita extrauterina.
La compromissione della vitalità legata a cause teratologiche o nosologiche non esclude infatti l’ipotesi del reato di infanticidio, nel caso in cui il neonato avrebbe comunque avuto, se validamente assistito, una possibilità di vita, anche se breve.
Accertato il grado di sviluppo del feto e l’avvenuto raggiungimento della sua vitalità, l’ulteriore problema da affrontare è quello di stabilire se la morte sia stata cagionata durante o dopo il parto.
In sostanza se si sia trattato di un feticidio ovvero dell’uccisione di un neonato, nel secondo caso accertando quale sia stata la durata della vita extrauterina, al fine di stabilire se la soppressione possa considerarsi avvenuta “immediatamente dopo il parto”, e quindi in una fase clinica – quella dell’immediato post-
Il dato cronologico dell’immediatezza va peraltro affermato con criteri di ragionevole elasticità, dovendo essere rapportato anche alle condizioni psico-
Questi aspetti vanno illustrati al Magistrato perché Egli possa fondare il suo giudizio tenendo conto del tempo trascorso tra il momento del recupero delle condizioni psico-
Dopo aver dimostrato che si tratta di un feto capace di vita extrauterina occorre stabilire se v’è stata vita post-
La prova della vita extrauterina è nella dimostrazione dell’avvenuta respirazione polmonare, che, dopo la nascita assicura gli scambi gassosi ed il rifornimento di ossigeno che durante la vita fetale si realizzano a livello del circolo placentare.
Le cosiddette “docimasie” respiratorie si fondano su una serie di riscontri, alcuni dei quali evidenti già all’autopsia e verificabili, a titolo orientativo già al tavolo settorio, altri che assicurano il raggiungimento della certezza tecnica.
All’occhio esperto del buon medico-
Dopo eviscerazione in caso di avvenuta respirazione gli organi appaiono soffici, crepitanti; con la premitura si osserva la fuoriuscita di sangue scuro commisto a liquame per edema delle superfici di taglio.
I polmoni fetali che non hanno respirato appaiono contratti e raccolti nelle docce costo-
Alla dissezione le superfici di taglio sono anch’esse scure ed uniformi; alla premitura non si apprezza sensazione di crepitio.
Altre docimasie che si leggono riportate nei trattati per completezza puramente didattica, non trovano pratica applicazione, quali quella “metrica” (misurazione del perimetro toracico) assolutamente inaffidabile; quella radiologica ( xgrafia del torace, utile anche ai fini dell’accertamento di patologie polmonari); quella gastro-
Due sono gli esami che si utilizzano nella pratica medico-
Con la docimasia idrostatica si tende ad evidenziare la capacità di galleggiamento dei polmoni espansi, sia in toto sia in forma di frammenti. Galleggiamento che in caso di polmone che ha respirato si determina per il suo peso specifico (circa 06-
I risultati possono essere falsati nel caso in cui l’acqua sia ricca di sali e quindi con elevato peso specifico ovvero per la presenza di bolle putrefattive nei polmoni, che rendono possibile il galleggiamento, pur in assenza di una loro espansione per atti respiratori.
Altra possibile causa di errore che può indurre capacità di galleggiamento del polmone fetale si verifica nel caso di massiva replezione alveolare di vernix caseosa (che ha un peso specifico inferiore a quello dell’acqua distillata), inspirata col liquido amniotico per asfissia in travaglio di parto: eventualità descritta (Gilli) ma che è da considerarsi poco frequente, se non eccezionale.
L’esame che consente di raggiungere la prova di certezza, è quella istologica, che a livello polmonare permette di dimostrare non solo l’avvenuta espansione delle cavità alveolari ma anche l’estensione del fenomeno, se si procederà con esami seriali di sezioni che partano dalle regioni prossime agli ili fino a raggiungere quelle sottopleuriche.
La differenza anatomo-
Nel polmone fetale le cavità alveolari si presentano come sottili fissurazioni, tappezzate da epitelio di notevole spessore, ciascun alveolo quasi ad adombrare un acino ghiandolare; il lume bronchiale è collassato; i setti interalveolari appaiono spessi; i vasi contengono scarsa quantità di sangue. Nel polmone che ha respirato gli alveoli sono rivestiti da sottilissimo epitelio; i bronchi appaiono dilatati; i vasi sono espansi e repleti di sangue.
Particolari metodi di colorazione permettono anche di evidenziare nel polmone che ha respirato la disposizione ad arco delle fibre elastiche, che appaiono sottese all esterno delle cavità alveolari espanse.
Raggiunta la prova che v’è stata vita extrauterina sorge l’esigenza di stabilire la sua durata.
Sorreggono questo giudizio:.
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L’esame istologico può inoltre evidenziare, già poche ore dopo la nascita:
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Importante è poi il riscontro di trattamenti attuati per l’assistenza al parto ed al post-
Così la presenza di latte nella cavità dello stomaco induce ad approfondire altri aspetti della vicenda: chi, quando e come ha nutrito il nipio, con latte materno o non? E’ ciò compatibile con lo stato di’abbandono della donna? etc.
Sorge a questo punto la necessità di accertare la causa mortis, escludendo in primo luogo l’eventualità di un’etiologia ascrivibile a patologie e/o ad anomalie fetali (malformazioni congenite e/o dismorfismi riferibili a cause esogene teratogene!): per il medico legale le cause naturali di morte vanno sempre e per principio presunte, quelle violente vanno accertate e dimostrate con prove tecniche verificabili ed esibibili anche nel corso del dibattimento (reperti fotografici, xgrafici, ecografici, istologici etc.)
Tra le cause patologiche prenatali vanno in primo luogo considerate le ipotesi dell’asfissia in travaglio di parto non assistito e le possibilità di patologie prenatali di ordine farmacologico (farmaci teratogeni responsabili di anomalie fetali) od infettivologico (rosolia) od ascrivibili a malattie genetiche!
Né vanno trascurate le possibilità di cause accidentali di morte: parto precipitoso in assenza di assistenza tecnica con perdita di coscienza della puerpera in stato di abbandono; soffocazione accidentale del neonato per compressione involontaria esercitata dal corpo materno.
Le cause violente poste in essere nell’infanticidio sono per lo più rappresentate da quelle che di seguito si indicano.
Soffocazione per inclusione del corpicino in sacchetto di plastica o in siti con aria confinata (mobili, bauli, cassonetti dell’immondizia etc.) o per occlusione diretta degli sbocchi delle vie aeree o per intasamento con corpi estranei delle vie respiratorie, etc..
Strozzamento, strangolamento, annegamento, sono pure di frequente riscontro nell’infanticidio. Così come l’uccisione con armi improprie da taglio ovvero per traumi cranio-
Al fianco delle indagini dirette sul corpicino del feto o del neonato ed in assoluta contemporaneità, per quanto possibile, dovranno procedere quelle sulla donna, di pertinenza ostetrico-
Le indagini cliniche sulla donna, da completare con esami strumentali – l’ecografia può fornire utili informazioni! – varranno a stabilire le dimensioni dell’utero ed il grado della sua involuzione post-
Queste indagini, alla pari di quelle radiografiche, di laboratorio ed anatomo-