Art 58 - Infanticidio in condizioni di abbandono morale e materiale - medleg

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Art 58 - Infanticidio in condizioni di abbandono morale e materiale




L’argomento che sarà trattato costituisce la sintesi di una mia lezione, tenuta nella Scuola di specializzazione in medicina legale e delle assicurazioni dell’Università Federico II di Napoli  e si propone solo di illustrare gli aspetti essenziali  della complessa problematica, rinviando ai trattati di medicina legale e di ostetricia e ginecologia per ulteriori approfondimenti.


CODICE PENALE. TITOLO XII CAPO PRIMO

Art 578 Infanticidio in condizioni di abbandono morale e materiale.

L’articolo, nella sua attuale formulazione, sancita dalla L. 442/81 (Abrogazione della rilevanza penale della causa d’onore) recita come segue.
“La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quatto a dodici anni.
A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi.
Non si applicano le aggravanti stabilite dall’art. 61 del codice penale.”
La norma vigente ha profondamente modificato quella preesistente, che collegava il reato di infanticidio al fine di salvare l’onore “proprio o di un prossimo congiunto” e che trovava per lo più la sua motivazione nella gravidanza illegittima; nel disonore che ad essa si accompagnava e che nel passato coinvolgeva la donna e la sua famiglia; nel timore di rappresaglie dirette a lavare l’onta del peccato commesso.

L’art. 578 collega oggi questo reato ad una condizione oggettiva verificabile e da verificare in primo luogo: la condizione di abbandono morale e materiale della donna all’atto dell’espletamento del parto.
Condizione di solitudine e di disperazione nella gran parte dei casi alimentata dalla delusione per il disinteresse del partner-genitore; dalla impossibilità economica di assistere ed allevare il figlio che sta per nascere o che è appena nato; dal retaggio atavico, non ancora cancellato del tutto dal costume attuale, specie in alcuni ambienti di degrado socio-economico e culturale, di colpevolizzazione della donna genitrice di una creatura al di fuori del matrimonio.
Condizioni di solitudine e di abbandono che per la disperazione che induce può spingere la donna a sopprimere la sua creatura.
 Nel reato di infanticidio, oltre a quella della “condizione di abbandono materiale e morale” della donna, altra condizione da dimostrare è se la madre ha cagionato “la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto o del feto durante il parto”. È questo un aspetto tecnico che impone accertamenti di esclusiva competenza medico legale.
Ed in casi di ipotesi di infanticidio i compiti del Consulente medico-legale d’Ufficio nominato dalla Procura della Repubblica, il primo, in ordine di tempo, ad affrontare i problemi connessi a questa ipotesi di reato, sono tra quelli più difficili, in quanto richiedono esperienza, competenza, profonda capacità di coordinare ed attuare la rapida esecuzione delle necessarie indagini: autopsia; esame radiografico del feto o neonato; esame ginecologico tempestivo della donna, per retrodatare l’epoca del parto con il necessario corredo di indagini complementari (ecografia addomino-pelvica per verificare e documentare le condizioni dell’utero, le sue dimensioni, la presenza di residui placentari nel cavo uterino etc.).
L’art 578, come s’è detto, parifica l’uccisione del feto durante il parto a quello del neonato immediatamente dopo il parto.

Nell’ipotesi del feticidio la dottrina medico-legale univocamente ritiene che per la sussistenza del reato il feto debba aver raggiunto la cosiddetta “soglia della vitalità cronologica”, cioè della capacità di vita  extrauterina, intesa come possibilità di coordinamento autonomo delle funzioni vitali e che si suole ritenere raggiunta dopo la fine del sesto mese.
La presenza della vitalità cronologica del feto per la sussistenza del reato di infanticidio è affermata dai Medici legali più illustri: Palmieri, Perrando, Leoncini, Dalla Volta, Macaggi, Franchini, Gerin, De Vincentiis, per menzionarne solo Alcuni.
D’altro canto anche se l’art. 578 non fa riferimento esplicito alla vitalità del feto, il fatto che venga parificata dalla norma la soppressione del feto durante il parto a quella del neonato subito dopo il parto impone logicamente di affermare la presenza anche nel primo caso di una capacità di vita  extrauterina, senza della quale l’interruzione della gravidanza proporrebbe oltre tutto, in chiave di lettura strettamente medico-legale, l’ipotesi dell’aborto e non quella del feticidio!


     Ciò premesso, in caso di sospetto infanticidio, tenuto conto delle condizioni imposte dalla norma e già ricordate, i problemi medico legali da affrontare sono i seguenti:
   1) – accertare il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e l’avvenuto raggiungimento della soglia della “vitalità cronologica”;
      2) – stabilire se la morte sia avvenuta durante il parto o subito dopo la nascita ed in questo caso a che distanza dal parto;
    3) – accertare la causa mortis del prodotto del concepimento, escludendo con certezza ipotesi riconducibili a cause naturali od accidentali (le seconde ben possibili nell’eventualità di un parto e di un post-partum espletato in stato di abbandono materiale della donna, senza alcuna assistenza tecnica) ed illustrando, in caso di morte per causa violenta, le modalità di produzione dell’evento ed i mezzi impiegati per attuare la soppressione del prodotto del concepimento;
     4) – accertare sulla donna i segni del parto e la presumibile epoca di espletamento dello stesso.
Si rinvia alla trattatistica medico-legale ed a quella delle altre Specialità coinvolte, per l’approfondimento dei problemi tecnici relativi:
- alle particolari modalità ed agli accorgimenti da porre in essere nell’esecuzione dell’autopsia;
- alle specifiche finalità degli accertamenti istologici e di quelli radiologici sul corpo del feto o del neonato, quest’ultimi da indirizzare sulle sedi significative per la definizione del grado di maturazione del prodotto del concepimento (nuclei di ossificazione!);
- agli esami clinici e strumentali sulla donna.
A questo punto vanno ancora approfonditi alcuni aspetti essenziali, indispensabili per l’interpretazione dell’art. 578 in chiave medico-legale.

L’accertamento del grado di sviluppo del prodotto del concepimento rappresenta il primo problema da affrontare; esso è diretto a stabilire se si tratta di un feto a termine o non e, nel secondo caso, se il grado di sviluppo è rapportabile ad epoca successiva a quella degli inizi del settimo mese di vita intrauterina.
Il feto capace di vita autonoma extrauterina presenta le seguenti caratteristiche essenziali: lunghezza vertice/calcagno circa cm. 35; presenza del nucleo di ossificazione dell’astragalo (che compare appunto alla fine del sesto mese); sufficiente sviluppo degli organi essenziali in grado di assicurare le funzioni vitali; assenza di patologie e/o malformazioni che compromettano le funzioni vitali, in misura tale da escludere totalmente la possibilità di vita extrauterina.
La compromissione della vitalità legata a cause teratologiche o nosologiche non esclude infatti l’ipotesi del reato di infanticidio, nel caso in cui il neonato avrebbe comunque avuto, se validamente assistito, una possibilità di vita, anche se breve.
   
Accertato il grado di sviluppo del feto e l’avvenuto raggiungimento della sua vitalità, l’ulteriore problema da affrontare è quello di stabilire se la morte sia stata cagionata durante o dopo il parto.
In sostanza se si sia trattato di un feticidio ovvero dell’uccisione di un neonato, nel secondo caso accertando quale sia stata la durata della vita extrauterina, al fine di stabilire se la soppressione possa considerarsi avvenuta “immediatamente dopo il parto”, e quindi in una fase clinica – quella dell’immediato post-partum - durante la quale massime sono le ripercussioni psicologiche dell’evento e minima la capacità di resistere all’impulso delittuoso, per lo stato di fragilità emotiva della puerpera.
Il dato cronologico dell’immediatezza va peraltro affermato con criteri di ragionevole elasticità, dovendo essere rapportato anche alle condizioni psico-fisiche della donna, subito dopo l’espulsione del feto, che potrebbero aver causato uno stato di temporanea incapacità psico-fisica della puerpera, poniamo per un grave stato di shock emorragico post-partum.
Questi aspetti vanno illustrati al Magistrato perché Egli possa fondare  il suo giudizio tenendo conto del tempo trascorso tra il momento del recupero delle condizioni psico-fisiche della donna e quelle dell’esecuzione del delitto, al fine di stabilire se possa comunque affermarsi l’avvenuta verificazione della condizione dell’immediatezza richiesta dalla norma e quindi la presenza delle condizioni psichiche di profondo sconvolgimento emotivo della puerpera all’epoca in cui ha commesso il  delitto.
Dopo aver dimostrato che si tratta di un feto capace di vita extrauterina occorre stabilire se v’è stata vita post-natale e nell’affermativa qual è stata la sua durata, al fine di stabilire se si profila l’ipotesi di un feticidio o quella della soppressione di un neonato.

La prova della vita extrauterina è nella dimostrazione dell’avvenuta respirazione polmonare, che, dopo la nascita assicura gli scambi gassosi ed il rifornimento di ossigeno che durante la vita fetale si realizzano a livello del circolo placentare.
Le cosiddette “docimasie” respiratorie si fondano su una serie di riscontri, alcuni dei quali evidenti già all’autopsia e verificabili, a titolo orientativo già al tavolo settorio, altri che assicurano il raggiungimento della certezza tecnica.
All’occhio esperto del buon medico-legale il polmone che ha respirato si rivela già all’ispezione, dopo apertura dei cavi toracici: di colorito roseo, con superficie vescicolosa per l’espansione degli alveoli, a margini arrotondati, occupano  quasi totalmente i cavi toracici e gran parte dell’aia cardiaca.
Dopo eviscerazione in caso di avvenuta respirazione gli organi appaiono soffici, crepitanti; con la premitura si osserva la fuoriuscita di sangue scuro commisto a liquame per edema delle superfici di taglio.
I polmoni fetali che non hanno respirato appaiono contratti e raccolti nelle docce costo-vertebrali, di  colore rosso cupo, a superficie liscia ed a margini sottili, di consistenza aumentata, come epatizzati.
Alla dissezione le superfici di taglio sono anch’esse scure ed uniformi; alla premitura non si apprezza sensazione di crepitio.
Altre docimasie che si leggono riportate nei trattati per completezza puramente didattica, non trovano pratica applicazione, quali quella “metrica” (misurazione del perimetro toracico) assolutamente inaffidabile; quella radiologica               ( xgrafia del torace, utile anche ai fini dell’accertamento di patologie polmonari); quella gastro-intestinale, che si fonda sulla possibilità di galleggiamento del tubo gastro-enterico, previa legatura a livello del cardias e del retto, in caso di vita extrauterina che induce penetrazione di aria nelle vie digerenti (prova facilmente inficiata da incipienti fenomeni putrefattivi).
Due sono gli esami che si utilizzano nella pratica medico-legale; uno, puramente orientativo, è quello cosiddetto della docimasia  “idrostatica”; il secondo, che dà risultati di certezza, è quello dell’esame istologico.
Con la docimasia  idrostatica si tende ad evidenziare la capacità di galleggiamento dei polmoni espansi, sia in toto sia in forma di frammenti. Galleggiamento che in caso di polmone che ha respirato si determina per il suo peso specifico (circa 06-07 contro il peso specifico del polmone fetale, superiore all’unità), inferiore a quello dell’acqua distillata (che è uguale ad 1).
I risultati possono essere falsati nel caso in cui l’acqua sia ricca di sali e quindi con elevato peso specifico ovvero per la presenza di bolle putrefattive nei polmoni, che rendono possibile il galleggiamento, pur in assenza di una loro espansione per atti respiratori.
Altra possibile causa di errore che può indurre  capacità di galleggiamento del polmone fetale si verifica nel caso di massiva replezione  alveolare di vernix caseosa (che ha un peso specifico inferiore a quello dell’acqua distillata), inspirata col liquido amniotico per asfissia in travaglio di parto: eventualità descritta (Gilli) ma che è da considerarsi poco frequente, se non eccezionale.
L’esame che consente di raggiungere la prova di certezza, è quella istologica, che a livello polmonare permette di dimostrare non solo l’avvenuta espansione delle cavità alveolari ma anche l’estensione del fenomeno, se si procederà con esami seriali di sezioni che partano dalle regioni prossime agli ili fino a raggiungere quelle sottopleuriche.
La differenza anatomo-microscopica tra le sezioni di un polmone fetale e quella di un polmone che ha respirato è infatti chiara ed inequivocabile.
Nel polmone fetale le cavità alveolari si presentano come sottili fissurazioni, tappezzate da epitelio di notevole spessore, ciascun alveolo quasi ad adombrare un acino ghiandolare; il lume bronchiale è collassato; i setti interalveolari appaiono spessi; i vasi contengono scarsa quantità di sangue. Nel polmone che ha respirato gli alveoli sono rivestiti da sottilissimo epitelio; i bronchi appaiono dilatati; i vasi sono espansi e repleti di sangue.
Particolari metodi di colorazione  permettono anche di evidenziare nel polmone che ha respirato la disposizione ad arco delle fibre elastiche, che appaiono sottese all esterno delle cavità alveolari espanse.
Raggiunta la prova che v’è stata vita extrauterina sorge l’esigenza di stabilire la sua durata.

Sorreggono questo giudizio:.
-la presenza del tumore da parto, che per solito scompare entro due, tre giorni ma che può essere molto più fugace o addirittura assente nei parti precipitosi.
-la presenza del funicolo ombelicale, che si distacca intorno a dieci giorni, residuandone la cicatrice ombelicale.
-l’aspetto macroscopico del funicolo, molle e di colorito bianco-perlaceo alla nascita, tendente a trasformarsi in un cordone nastriforme, bruno, con alone di demarcazione alla base, con il volgere dei giorni.
L’esame istologico può inoltre evidenziare, già poche ore dopo la nascita:
- i segni della reazione flogistica a livello dell’impianto ombelicale del funicolo;
-la presenza di meconio nell’intestino, che per solito scompare totalmente nel volgere di tre, quattro giorni o anche meno, specie quando il suo volume è scarso alla nascita, per essere stato in parte espulso per asfissia in travaglio di parto;
-le fisiologiche modificazioni anatomiche a livello dell’apparato cardio-circolatorio (circa quindici giorni per la saldatura del forame ovale; tre, quattro settimane per l’obliterazione e la fibrosi del dotto di Botallo. Modificazioni di raro riscontro in ipotesi di infanticidio e che di certo non la avallano, perché sottintendono, come s’è precisato, una lunga durata della vita extrauterina).

Importante è poi il riscontro di trattamenti attuati per l’assistenza al parto ed al post-partum quali la rimozione della vernix caseosa, la legatura del cordone ombelicale; l’avvenuta aspirazione di mucosità dal cavo oro-faringeo: trattamenti che non accreditano la tesi di un parto avvenuto in condizioni di “abbandono materiale”della donna.
Così la presenza di latte nella cavità dello stomaco induce ad approfondire altri aspetti della vicenda: chi, quando e come ha nutrito il nipio, con latte materno o non? E’ ciò  compatibile con lo stato di’abbandono della donna? etc.

Sorge a questo punto la necessità di accertare la causa mortis, escludendo in primo luogo l’eventualità di un’etiologia ascrivibile a patologie e/o ad anomalie fetali (malformazioni congenite e/o dismorfismi riferibili a cause esogene teratogene!): per il medico legale le cause naturali di morte vanno sempre e per principio presunte, quelle violente vanno accertate e dimostrate con prove tecniche verificabili ed esibibili anche nel corso del dibattimento (reperti fotografici, xgrafici, ecografici, istologici etc.)

Tra le cause patologiche prenatali vanno in primo luogo considerate le ipotesi dell’asfissia in travaglio di parto non assistito e le possibilità di patologie prenatali di ordine farmacologico (farmaci teratogeni responsabili di anomalie fetali) od infettivologico (rosolia) od ascrivibili a malattie genetiche!
Né vanno trascurate le possibilità di cause accidentali di morte: parto precipitoso in assenza di assistenza tecnica con perdita di coscienza della puerpera in stato di abbandono; soffocazione accidentale del neonato per compressione involontaria esercitata dal corpo materno.

Le cause violente poste in essere nell’infanticidio sono per lo più rappresentate da quelle che di seguito si indicano.
Soffocazione per inclusione del corpicino in sacchetto di plastica o in siti con aria confinata (mobili, bauli, cassonetti dell’immondizia etc.) o per occlusione diretta degli sbocchi delle vie aeree o per intasamento con corpi estranei delle vie respiratorie, etc..
Strozzamento, strangolamento, annegamento, sono pure di frequente riscontro nell’infanticidio. Così come l’uccisione con armi improprie da taglio ovvero per traumi cranio-encefalici per proiezione violenta del capo contro ostacoli rigidi (mura domestiche, spigoli di mobili, etc.) o per mezzi contundenti (bastoni, assi di legno, spranghe metalliche, etc.).

Al fianco delle indagini dirette sul corpicino del feto o del neonato ed in assoluta contemporaneità, per quanto possibile, dovranno procedere quelle sulla donna, di pertinenza ostetrico-ginecologica: se e quando ha partorito, se e quali eventuali lesioni da parto sono eventualmente presenti e se le stesse siano state oggetto o non di trattamenti curativi (sutura di lesioni del canale del parto!) etc.
Le indagini cliniche sulla donna, da completare con esami strumentali – l’ecografia può fornire utili informazioni! – varranno a stabilire le dimensioni dell’utero ed il grado della sua involuzione post-partum, il suo contenuto – residui placentari! – etc. ai fini della retrodatazione del parto.
Queste indagini, alla pari di quelle radiografiche, di laboratorio ed anatomo-microscopiche comportano il corale impegno di un’equipe di specialisti, il cui intervento sarà  coordinato dal medico-legale.



 
 
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