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Il diritto di nascere e quello di "nascere sano"



IL DIRITTO DI NASCERE
E QUELLO DI “NASCERE SANO”


Prof. Alfonso ZARONE
Primario emerito Ospedale Cardarelli
L. Docente universitario di Medicina legale e delle assicurazioni


          Il diritto di nascere e quello di “nascere sano”.
Questa problematica   impone in primo luogo di scegliere la via da seguire per dare ad essa una risposta, potendosene percorrere varie a tal fine: in primo luogo quella dell’etica - laica o religiosa-.
          Percorso affascinante, ma che condurrebbe lontani dal fine di chi, come chi scrive, si propone di suggerire al Medico scelte che siano rispettose dei limiti imposti dall’ assetto normativo vigente in Italia.
           L’ottica per la trattazione di questo argomento sarà quindi quella strettamente medico-legale, sottesa cioè tra la biologia e il diritto.
          L’argomento impone per la sua trattazione di dare una risposta a due interrogativi :          
1) esiste per il concepito il diritto di nascere?
2)esiste per il concepito il diritto di non nascere, se portatore di anomalie o patologie?
      Per dare una risposta al primo interrogativo , appare utile ricordare          che solo con la diffusione del Cristianesimo si afferma il diritto del feto alla nascita.
          In Grecia, Socrate affermava che la donna poteva disfarsi del feto, per così dire, a suo piacimento; Platone consigliava l’aborto come mezzo di equilibrio demografico; Aristotele, contestando l’individualità del concepito fino alla nascita, negava ogni rilevanza alla soppressione del feto. Nell’antica Roma, in assenza del consenso del coniuge, si considerava l’aborto come una lesione del diritto del “pater familias” di avere un figlio.
         Con l’affermazione del Cristianesimo l’aborto viene considerato un peccato gravissimo, anche se presto comincerà a profilarsi una distinzione tra la soppressione del concepito prima ovvero dopo l’avvenuta acquisizione dell’anima. Solo dopo la sua animazione il feto poteva considerarsi (pur essendo un essere umano ancora “in fieri”, sotto l’aspetto biologico) un soggetto già da tutelare come persona, in quanto in possesso dell’anima e quindi tale da potersi considerare già “fatto”, per così dire, a immagine e somiglianza di Dio!
          E così S. Girolamo(340-420) afferma che il feto non può considerarsi come uomo fino a quando non ha acquisito forma umana; S. Agostino (354-430) afferma che non debba considerasi come omicidio l’aborto praticato su un feto ancora informe, dato che “non può dirsi che l’anima realmente viva in un tale corpo”; Papa Gregorio III nel 731 indica addirittura come limite cronologico per l’avvenuta animazione del feto quello dei 40 giorni.
        E’ peraltro doveroso fare presente che il pensiero della Chiesa cattolica non fa oggi alcuna distinzione tra embrione inanimato e feto animato, dovendosi ritenere il concepito un essere, vettore del suo futuro fisico e spirituale, fin dagli inizi della sua procreazione.
        Ciò premesso, il punto di partenza di ogni considerazione che si mantenga sul terreno strettamente medico-legale deve essere rappresentato da un interrogativo, al quale occorre dare una risposta certa: la legge dello Stato italiano considera e tutela il diritto di nascere del concepito?
         La risposta a questo interrogativo è univocamente affermativa, anche se una disinvolta ed irresponsabile applicazione della vigente L. 194/78 consente di fatto il massacro indiscriminato dei concepiti nei primi 90 giorni della loro vita intra-uterina.
       La tutela del concepito nel nostro ordinamento trova riscontro indiretto negli art. 2 e 31 della Costituzione ed inequivoca  ed esplicita affermazione nell’art. 1 della L. 194/78.
      Va ricordato e premesso che la capacità giuridica, cioè quella che consente alla persona di divenire soggetto o oggetto di diritto, si acquisisce con la nascita: conseguentemente il feto non potrebbe considerarsi, strictu sensu, titolare di alcun diritto, se il Legislatore non gli avesse riconosciuto  quelli che trovano esplicito riferimento nel Codice civile e quello di nascere, che assume massimo rilievo e che trova la sua tutela nelle norme già citate e che di seguito si riportano.
              L’art 2 della Costituzione recita: “ la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’ uomo”.
            L’art. 31 della Costituzione, al secondo comma, sancisce che “la Repubblica protegge la maternità”
           L’art. 1 della L. 194/78, in termini perentori e inequivocabili, stabilisce che “ lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio”.
         Se gli art. 2 e 31 della Costituzione impongono, per l’affermazione del diritto di nascere un’interpretazione estensiva ed indiretta, l’art 1 della L. 194 non crea difficoltà alcuna di interpretazione.
       Il diritto di nascere del concepito non può essere violato se non quando entra in conflitto con il diritto alla salute della madre: e la L. 194 fissa  a tal fine limiti cronologici che vincolano pesantemente –come è giusto che sia- le scelte del ginecologo non obiettore di coscienza, ai fini dell’induzione dell’aborto, la cui liceità pone sempre in primo piano l’obbligo di tutelare il diritto alla salute della madre, che è già persona in senso tecnico-giuridico, laddove l’embrione o il feto ancora tale non è.
       Ciò sempre che non sia la madre a rinunciare alla tutela della sua salute pur di portare a termine la sua gravidanza: come è di recente accaduto per una madre eroica che, malata di cancro, ha rifiutato di praticare la chemioterapia e di sottoporsi a terapia radiante, per non danneggiare la sua creatura, scegliendo di sacrificare per essa la sua stessa vita!
            Stabilito dunque che  le leggi dello Stato impongono il rispetto del diritto di nascere del concepito, si impone la necessità di dare una risposta al secondo interrogativo: esiste per  il concepito il diritto di “nascere sano”?
            Va subito chiarito che tale diritto non va visto in chiave negativa, cioè come facoltà di sopprimerlo quando sia portatore di anomalie o patologie gravi. Ciò sottintenderebbe la possibilità di praticare l’aborto anche a fini eugenetici: il che non è invece previsto dal vigente ordinamento, che anzi lo vieta esplicitamente, tanto che con l’ art. 7 della L. 194/78 impone di assistere il nato, quando abbia raggiunto la soglia della cosiddetta vitalità cronologica: assistenza che va praticata in ogni caso e quindi  anche quando il nato presenti gravi malformazioni e/o patologie!
            Il diritto del concepito di nascere sano non va infatti confuso con il cosiddetto “ diritto di non nascere se non sano”!
             Il diritto del concepito a nascer sano va visto in chiave positiva, cioè nel riconoscimento del diritto del nascituro di essere protetto e tutelato da ogni danno che possa derivargli da comportamenti omissivi o commissivi, colposi o dolosi, posti in essere da altri: ed, in ipotesi di colpa professionale, dal medico.
Nel merito illuminante ed inequivocabile è il giudizio della suprema Corte (III Sez. civile N° 16123 del 14/07/2006), che sancisce e ribadisce questa interpretazione.
        Si riportano integralmente le parti più significative del testo della Sentenza.
“Questa stessa Sezione si è già occupata della questione (Cass. Sez.III, N° 14488 del 2004) stabilendo che l’ordinamento positivo tutela il concepito e l’evoluzione della gravidanza esclusivamente verso la nascita, e non anche verso la “non nascita” , essendo pertanto (al più) configurabile un diritto a nascere e a nascere sani, suscettibile di essere inteso esclusivamente nella sua positiva accezione: sotto il profilo privatistico della responsabilità contrattuale o extra contrattuale o da contratto sociale, nel senso che nessuno può procurare al nascituro lesioni o malattie (con comportamento omissivo o commissivo, colposo o doloso)”.
E più oltre: “…le eventuali malformazioni o anomalie del feto rilevano esclusivamente nella misura in cui possono cagionare un danno alla salute della gestante e non già in sé e per sé considerate (con riferimento cioè al nascituro)…”…“il diritto di non nascere sarebbe un diritto adespota in quanto ai sensi dell’art 1 C.C. la capacità giuridica si acquista solo al momento della nascita…sicchè il diritto di non nascere non avrebbe alcun titolare appunto fino al momento della nascita”…”essendo per converso il diritto del concepito a nascere, pur se con malformazioni o patologie ad essere propriamente –anche mediante sanzioni penali- tutelato dall’ordinamento”…”Ne consegue che la tutela dell’individuo, che con la nascita acquisisce la personalità giuridica, nella fase prenatale è limitata alle lesioni imputabili ai comportamenti colposi dei sanitari, ma non si estende alle situazioni diverse…”
       Sentenza storica, che ribadì l’altra, del 2004, espressa dalla stessa Sezione e che, di fatto ha ispirato gran parte dei giudicati successivi, anche se non mancano a volte quelli in parte divergenti.
          Per concludere è però certo che, alla luce delle normative vigenti e della logica clinica e medico-legale che dalle stesse sono condizionate, è possibile affermare:
         - che esiste per il concepito il diritto di nascere;
        - che esiste altresì il suo diritto ad essere tutelato, in tutti i modi, perché nessun danno possa essergli indotto da comportamenti dolosi o colposi, da altri posti in essere.


 
 
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