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IL PRIMO INCONTRO CON LA GESTANTE
Prof. Dott. Alfonso Zarone
Primario medico-
L. Docente universitario di Medicina legale e delle assicurazioni
Per un completo e corretto esame di tuta la problematica che si propone all’atto del primo incontro del ginecologo ecografista con la gestante che a lui si rivolge per una indagine prenatale, vanno preliminarmente ricordati e sottolineati i fondamenti deontologici e giuridici della liceità di ogni atto medico.
Nella esposizione che segue a volte si identifica la figura della gestante con quella del“paziente”, quale di solito si definisce ogni persona che si rivolge al medico. Ciò in quanto gli aspetti medico-
L' evoluzione della scienza ed i mutamenti del costume hanno profondamente sconvolto l' assetto della società contemporanea e lo stesso modo di vivere e di porsi dell'uomo nei confronti degli altri.
Anche il rapporto medico-
Sono svanite o divenute infrequenti anche alcune componenti essenziali del rapporto medico/paziente, che, malgrado tutto, resta fondato sulla fiducia che deve nutrire il secondo nei riguardi del primo e sulla disponibilità al colloquio ed alla partecipazione, anche affettiva oltre che intellettiva, del medico nei confronti della persona che a lui si è rivolta: la gestante, per restare nell’argomento che si intende trattare.
Se e' vero che da un lato e' stato profondamente e giustamente limitato e dimensionato il cosiddetto " diritto " di curare, da parte del medico, e quindi la sua "autonomia" di gestione del paziente, e' anche vero che dall'altro si e' riconosciuto al Cittadino il "diritto" di chiedere al medico ogni tipo di coinvolgimento tecnico: dall'attuazione di arditi quanto pericolosi atti chirurgici correttivi a fini puramente estetici, alle manipolazioni genetiche, alla procreazione assistita, all’induzione dell’aborto etc .
Si e' giunti in sostanza ad un punto che rischia di diventare di rottura esplosiva, che potrà far saltare tutti i più sacri ed intangibili fondamenti morali e deontologico-
Dopo questa premessa cercherò di illustrare il mio pensiero sull' argomento, secondo un' ottica strettamente medico-
a)-
b)-
DEL CONSENSO
Il fondamento essenziale della liceità dell' atto medico e' rappresentato dal consenso del paziente all’esecuzione dell’atto stesso.
La nostra Costituzione, all'art. 32, sancisce infatti che nessun Cittadino può' essere sottoposto ad alcun trattamento sanitario contro la sua volontà, salvo che non disponga diversamente una specifica legge (come quella del trattamento sanitario obbligatorio –TSA-
Il consenso non va peraltro considerato nel senso riduttivo della norma penalistica, cioè come un elemento scriminante, a norma dell'art 50 del CP, quindi come una causa di esclusione della responsabilità penale di un fatto intrinsecamente illecito, bensì come un fattore costitutivo ed integrante, fondamentale, della liceità dell'atto medico.
Il consenso del paziente costituisce in sostanza il presidio di tutela del suo diritto di libertà, essendo egli, in via di principio, il solo che possa decidere se permettere interventi sul suo corpo.
Sono ben noti ad ogni medico i requisiti che conferiscono validità e quindi efficacia al consenso espresso dal paziente.
In primo luogo il consenso deve essere esplicito, manifestato in modo non equivoco direttamente dal paziente, e valido. Tale non è quello prestato da un minore o da persona incapace di intendere e di volere.
Il consenso, per essere valido deve essere altresì “informato”: il paziente deve cioè esprimere la sua volontà conoscendo il fine dell'atto medico, i rischi che esso comporta, le sue probabilità di successo, i suoi presumibili costi, non solo in termini economici ma anche di probabile durata dell’inabilita' temporanea, di possibili disagi psico-
L'obbligo dell'informazione e' certo quello che crea i maggiori problemi e propone gli aspetti più delicati del problema!
Da un lato v'e' la tendenza all’ informazione minuziosa ed a volte impietosa, con consensi espressi per iscritto, che avallano il contenuto di estesi protocolli prestampati, non del tutto comprensibili da persona di modesto livello culturale.
Dall'altro lato v'e' la tendenza a minimizzare i problemi, a nascondere all'infermo la reale gravità della situazione clinica, al fine di non deprimere il suo equilibrio emotivo e con esso le stesse capacità di resistenza psichica all'evento da affrontare.
Non v'e' dubbio che la prima soluzione sul piano garantistico e' la più comoda e sicura: certamente lo e' per il medico! Ma e' una strada che, dietro la motivazione della tutela della libertà di decisione del malato, può nascondere il fine del medico diretto a tutelare il proprio operato, precostituendosi una valida linea di difesa in caso di eventuali future azioni giudiziarie, oggi sempre più frequenti e spesso infondate! Fine comprensibile, che però sta conducendo ad un nuovo mortificante capitolo della programmazione dell’atto medico: quello della cosiddetta “medicina difensiva…”!
E’ fuor di dubbio che la giusta soluzione é nel mezzo e che il medico può e deve operare, assicurando al paziente un'informazione essenziale, adeguata al livello culturale dell'interlocutore ed al suo equilibrio emotivo: primum non nocère!
E ciò è particolarmente importante quando l’interlocutore è una giovane donna in attesa di un figlio!
II) DELLA TUTELA DELLA SALUTE
S'e' detto agli inizi che i nostri Maestri vedevano nel consenso del malato e nel fine di cura i pilastri essenziali della liceita' dell'atto medico, in quanto nel passato questo veniva richiesto solo in presenza di patologie gia' in atto e tali da richiedere cure.
Il ruolo del medico di oggi e' invece assai più impegnativo, essendo destinato non solo alla terapia delle infermità ma anche alla tutela della salute del singolo e della Collettività: tutela che proietta la sfera della competenza professionale e delle sue possibilità operative entro confini i cui orizzonti sono ben oltre quelli della pura patologia. E' infatti il concetto stesso di salute che e' mutato, così che sono necessariamente cambiati anche i compiti e lo stesso ruolo professionale del medico nella società contemporanea.
Secondo la nota definizione dell'OMS, lo stato di salute non va identificato, in termini negativi, cioè solo con l'assenza di malattie, bensì in chiave positiva, con la presenza di una condizione di benessere fisico, psichico e sociale.
La funzione del medico non può essere limitata quindi alla prevenzione, alla cura delle malattie ed alla riabilitazione dell’infermo, ma deve proporsi anche il fine di assicurare il benessere fisico e psichico del suo assistito, necessaria componente, anche se non unica condizione, dello stesso benessere sociale, fondato sul lavoro produttivo e sulla presenza partecipe del Cittadino alla vita della collettività.
Così definito il ruolo del medico moderno appare evidente che la domanda di prestazione sanitaria puo' non aver piu' limiti precisi: se la tutela della salute deve assicurare anche il benessere psichico, e' chiara la liceita' intrinseca, sotto il profilo soggettivo ed entro certi limiti, della richiesta del Cittadino che solleciti il medico all'attuazione di un programma che comunque gli assicuri il pieno benessere, anche spirituale, turbato, ad esempio da condizioni suscettibili di essere modificate con un intervento chirurgico e/o farmacologico, ma non necessariamente connesse a stati di malattia. Da cio' la possibilita' di richieste di chirurgia estetica per modificare la forma di un naso, nell'insieme tra le varianti della normalita' ma non bene accetto da chi lo possiede, ovvero la richiesta di modellare il seno cascante di una vetusta ma ancora vogliosa matrona, o di stirare la cute avvizzita di un irriducibile casanova sulla via dell'avanzato tramonto, o di allungare gli arti inferiori di persona che voglia guadagnare fino a quindici, venti centimetri di altezza: traguardo oggi tecnicamente raggiungibile.
Gli esempi potrebbero continuare e passare ad esempio attraverso il terreno infido della sterilizzazione non connessa a fini strettamente terapeutici, etc.
Sorgono in casi del genere serie perplessità, a volte, forse troppo spesso, superate con eccessiva disinvoltura, sulla scia di un non condivisibile pseudo-
Più che mai, insomma, la richiesta del benessere psichico può spingere il Cittadino a chiedere l'intervento del medico in ambiti che sarebbero apparsi inimmaginabili nel passato, anche non molto lontano.
Nel caso del ginecologo ecografista il problema può proporsi ad esempio nel caso in cui, poniamo dopo i novanta giorni della gravidanza ed in presenza di una malformazione fetale, la donna richieda l’esecuzione dell’aborto: ma di questa problematica conto di occuparmi in occasione di altro mio intervento che tratterà della corretta interpretazione di alcuni articoli della L. 194/78, che regolamenta l’interruzione della gravidanza.
Se dunque la domanda di salute e quindi di benessere totale, fisico, psichico e sociale può non aver più limiti, e' l'offerta di prestazione che deve essere vagliata dal medico e concessa solo quando essa non sia in contrasto con le leggi dello Stato, con il Codice deontologico e con la Morale.
Oggi il Medico –e particolarmente il ginecologo ecografista-
Se e' vero che l'atto medico si è arricchito di nuovi contenuti e valenze sociali è altrettanto vero e certo che il medico non deve trasformarsi in un acritico prestatore d'opera, attribuendosi compiti e perseguendo finalità che lo allontanino del tutto dalla sua vocazione ancestrale e dalla sua destinazione naturale, che sono pur sempre quelle primarie di prevenire e vincere le malattie, di correggere imperfezioni e difetti fisici produttivi d'infelicità e di frustazione e non certo quelle di apportare il benessere psichico a chi, al di fuori di tali eventualità, è spinto a sollecitare il suo intervento per motivi futili o turpi, ispirato solo da una visione edonistica dell' umana esistenza.