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Informativa cisti dei plessi corioidei

 


Cisti dei plessi corioidei ( Informativa)


Il cervello umano non è a diretto contatto con il sangue circolante, ma con un liquido che per semplicità definiamo un ultrafiltrato del sangue e che si chiama liquido cefalorachidiano. Tale liquido viene prodotto da piccole strutture spugnose presenti nel contesto della massa cerebrale che vengono appunto chiamate plessi corioidei. Tali strutture, specie nella vita intrauterina, possono essere caratterizzate dalla presenza di cisti nel loro contesto che prendono il nome di “cisti dei plessi corioidei”. Le cisti del plesso corioideo sono cisti di origine neuroectodermica. Sono ripiene di liquido cefalo-rachidiano, con una piccola quota di detriti cellulari. Sono localizzate più frequentemente nei plessi corioidei dei ventricoli laterali ed ad esse è rivolto l’interesse clinico. Meno frequentemente possono riscontrarsi nel III o IV ventricolo. Da un punto di vista ecografico appaiono come formazioni tondeggianti od ovalari, completamente transoniche o con fini echi interni. Possono essere monolaterali o bilaterali con dimensioni molto variabili, ma generalmente comprese tra i 3 ed i 9 mm


Significato clinico

A partire dagli anni 80, la metodica ecografica ha avuto il periodo di grande diffusione nella pratica ostetrica ed è stato così possibile studiare strutture anatomiche fetali sempre con maggiore dettaglio. Il riconoscimento di cisti dei plessi corioidei, pur essendo un reperto molto frequente in feti assolutamente normali, è stato associato ad un maggiore rischio fetale di malattia dei cromosomi, tra cui, principalmente, la trisomia 18 e la trisomia 21. Secondo alcuni Autori, la presenza di dette cisti non modifica il rischio di trisomia 21. Secondo altri il rischio viene modificato: è riportato in Letteratura un fattore di correzione che varia da 1,87 a 4,46. L'indice di correzione è invece elevato per la trisomia 18 con fattore di correzione che varia , secondo i vari autori, da 8 a 12


Management
Resta ancora molto dibattuto il management in caso di cisti isolate: infatti, alcuni Autori considerano come fattore di correzione il valore di 1,87 rispetto al rischio di partenza per cromosomopatie; in questo modo, tuttavia, secondo un’altra parte della Letteratura Scinetifica, l'indicazione ad eseguire lo studio del cariotipo sarebbe esteso ad una fetta di popolazione a basso rischio. Recenti studi eseguiti su casistiche fetali sempre più ampie, pur non escludendo in maniera definitiva la possibile associazione con cromosomopatie fetali nei casi di cisti isolate, hanno rivalutato in maniera molto critica riducendo in maniera drastica tale rischio. Per tale motivo, al riscontro di cisti dei plessi corioidei, deve seguire un’attenta ecografia per lo studio di tutta l'anatomia fetale, con particolare attenzione alle anomalie che frequentemente si ritrovano nella trisomia 18. Da quanto esposto si intuisce come, anche nel caso di cisti dei plessi corioidei, non vi sia unanimità nella gestione della gravidanza. E’ necessario spiegare alla gestante che si tratta di un riscontro molto frequente in feti perfettamente sani e che in caso di cisti isolate, se non vi sono altri fattori di rischio per cromosomopatie (età materna avanzata, familiarità etc) non vi è indicazione a praticare un’indagine invasiva trattandosi di un “marcatore” molto debole per malattie cromosomiche. In ogni caso, come per altri soft markers, anche alla luce dell’ informativa in oggetto, la decisione finale se sottoporsi o meno a studio del cariotipo fetale, spetta alla paziente. Come per altri “marcatori ecografici” per cromosomopatie, anche nel caso di cisti dei plessi corioidei, il percorso diagnostico prevede la consulenza del genetista per meglio definire il rischio di aneuploidia, caso per caso, alla luce di altre variabili e di eventuali altri esami diagnostici già eseguiti


 
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